La mia ricerca artistica ha avuto inizio con l'esplorazione dell'identità .
Inizialmente, fino al 2016, il mio lavoro si è concentrato sull'autobiografia e sulla dimensione della memoria. Una memoria non intesa come archivio oggettivo, bensì come processo attivo di costruzione: una narrazione plasmata e modellata dai frammenti dei ricordi che l'individuo lega tra loro. Le opere prodotte in questa fase (disegni, video-arte e fotografie) testimoniano e descrivono la molteplicità , la contraddittorietà e il continuo divenire del nostro Io.
Successivamente, dal 2017 al 2019, la mia pratica ha virato decisamente verso l'indagine del corpo, inizialmente sondato in modo quasi slegato dalla psiche. L'attenzione si è quindi spostata sul disorientamento e sugli automatismi corporei, esplorando la memoria fisica e le sue illusioni. Temi come l'arto fantasma sono diventati centrali per riflettere sull'esperienza della corporeità come possesso, una condizione che si caratterizza sul punto di essere perdita di questo possesso. In questa fase, il corpo emerge come un'entità sorda e incapace di comunicare. Questa dinamica è stata esplorata in opere come la performance "Vedere col corpo" (2017), dove una telecamera GoPro sul petto del performer bendato offre al pubblico una soggettiva del corpo "non vedente", trasformando l'atto della visione in un'esperienza aptica e disorientante.
A partire dal 2020, si è aperta invece una fase di ricerca a "tutto tondo" sul corpo. Dopo averlo sondato come entità slegata, l'indagine si è focalizzata sull'organo di senso più esteso e riflessivo che l’uomo possiede: la pelle. La pelle è quel luogo che protegge, ma che permette anche di fare esperienza del mondo, designata agli scambi tra interno ed esterno, tra l’Io e l’Altro, e dotata di diverse funzioni biologiche e comunicative. Come sottolineato da Didier Anzieu, la pelle è l'«interfaccia che permette la distinzione del dentro e del fuori» e il «volume ambiente» che dà l'esperienza del contenitore. Il sentire e il percepire fisico passano quindi attraverso la pelle, su cui si appoggia e si crea l'Io-pelle, definito da Anzieu come struttura psichica relazionale e indissolubile dall'Io.
Sebbene la pelle sia il nucleo concettuale della mia ricerca da diversi anni, essa non è mai l'oggetto visibile e diretto delle mie opere. Questa base teorica informa la mia pratica attuale, ponendo un focus centrale sull'esperienza corporea.
Ogni progetto, che si ramifica in diverse serie di opere utilizzando media differenti (fotografie, installazioni, sculture), indaga come il corpo/pelle funga da filtro e/o catalizzatore della percezione, per un'esplorazione di un sentire autentico, che definisco come un'esperienza sensoriale priva di sovrastrutture sociali o aspettative esterne. Questo approccio si riflette nell'uso di tecniche specifiche, come nella serie fotografica "Montagne Sacre" (2021-oggi), dove la tecnica della doppia esposizione capovolta trasforma le immagini da semplici fotografie di paesaggio in veri e propri dispositivi di percezione, radicando lo sguardo in un sentire personale piuttosto che in una visione oggettiva.